Tribunale Napoli sez. IV, 07/11/2023, n.10208


La domanda di mediazione si considera non proposta se manca l’indicazione della pretesa e delle sue ragioni fondanti

Scarica la Sentenza IN PDF

Intestazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Napoli – Quarta Sezione Civile, in composizione monocratica ed in persona del dott.ssa Valentina Valletta, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta al numero 6545/2022, avente ad oggetto: Comunione e condominio, impugnazione di delibera condominiale – spese condominiali e vertente

TRA

L.M.R.C.F. (omissis), E.S. C.F. (omissis), P.G. C.F. (omissis), tutti rappresentati e difesi, congiuntamente e disgiuntamente dall’Avv. Rolando Cirillo e dall’Avv. Claudio Galbiati presso lo studio dei quali elettivamente domiciliano in Napoli alla Via Crispi n. 111

ATTORI

E

Condominio Via (omissis) (C.F. (omissis)) sito in Napoli alla Via (omissis), in persona dell’amministratore p.t. rappresentato e difeso dall’Avv. Amedeo Caracciolo presso il cui studio elettivamente domicilia in Napoli alla Via Francesco Fracanzano 11,

CONVENUTO

Precisazione delle conclusioni: udienza cartolare del 28.06.2023

Conclusioni: come da note scritte depositate il 22.06.2023 parte attrice e 26.06.2023 convenuta

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Si richiamano gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo e ciò in ossequio al disposto contenuto al n. 4 dell’art. 132 c.p.c. così come inciso dall’art. 45, comma 17 legge 18.6.2009, n. 69.

Con atto di citazione notificato il 9.03.2022 gli attori, esperito senza esito positivo procedimento di mediazione obbligatoria, concluso in data 14.02.22 con la mancata adesione del condominio convenuto, hanno convenuto in giudizio il Condominio di Via (omissis) in Napoli al fine di sentir accertare e pronunciare l’annullamento della delibera assembleare assunta il 17.12.2011, limitatamente ai punti relativi ai capi nn. 2 e 3. Adducevano che le deliberazioni dell’assemblea erano viziate per aver la sig.ra BA.G. superato il limite inderogabile di legge rappresentando un numero di millesimi superiore a 200 esclusi i quali mancava il quorum costitutivo e deliberativo. Inoltre, le delibere assunte sia al punto n. 2 che al punto n. 3 del verbale del 17.12.21 sarebbero difformi da quanto indicato all’ordine del giorno.

Si costituiva il convenuto condominio con comparsa del 9.06.2022 eccependo l’improcedibilità della domanda e chiedendone comunque il rigetto con condanna degli attori al pagamento delle spese e dei compensi di lite con attribuzione. Rilevava preliminarmente l’intervenuta decadenza dall’azione e dal diritto all’impugnativa per violazione dei termini di cui all’art. 1137 c.c. in quanto la domanda di mediazione proposta sarebbe da considerarsi come non proposta in considerazione della mancata indicazione dei motivi alla base dell’impugnazione, conosciute solo con la notifica dell’atto di citazione. Invero l’art. 4, comma 2 del d.lgs. 28/2010 precisa: “L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa”, ciò al fine di garantire una simmetria tra tale disposizione e l’art. 125 c.p.c., circa il contenuto degli atti processuali (cfr. Cass. n. 29333/2019, Trib. Roma sent. n. 20160 del 29.12.2021). In particolare, devono coincidere la causa petendi e le “ragioni della domanda” poiché per rendere effettiva la mediazione la parte invitata deve essere messa in condizione di conoscere la pretesa dell’altra parte. I motivi di impugnativa invece sarebbero stati esposti solo con la citazione notificata in data 9.3.2022, oltre i termini di cui all’art. 1137 c.c. avendo gli attori ricevuto il verbale assembleare in data 30.12.2021 e trovandoci in presenza di una ipotesi di annullabilità della delibera assembleare. Rilevava altresì che il verbale di mediazione non reca la firma del mediatore in calce. Quanto all’addotta violazione del limite apposto dal legislatore alle deleghe la Sig.ra Barone Giovanna rappresentava che a norma dell’art. 67 delle dis. att. c.c. nel calcolo non deve essere inserita la quota millesimale di cui il delegato è titolare. Infine, non vi sarebbe difformità degli argomenti trattati durante lo svolgimento dell’assemblea trattandosi di delibere consequenziali agli argomenti posti all’ordine del giorno.

Incardinato il giudizio e concessi i termini di cui all’art 183 comma 6 c.p.c., gli attori provvedevano al deposito del verbale di mediazione con la firma del mediatore ed insistevano per l’accoglimento della propria domanda ribadendo la non attinenza alla convocazione neanche in via consequenziale e rappresentando la sussistenza di perfetta “simmetria” tra il giudizio ed il procedimento di mediazione risultando le del tutto coincidenti non richiedendo peraltro l’istanza di mediazione la stessa specificità ed analiticità richiesta in quella contenziosa, potendosi poi affrontare nel dettaglio le questioni sottoposte alla mediazione nel corso degli incontri. Quindi la causa era rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 28.06.2023 e poi riservato in decisione con la concessione dei termini ordinari di cui all’art. 190 c.p.c.

Preliminarmente, deve premettersi che, per l’impugnazione dei vizi lamentati dagli attori, afferenti l’annullabilità della delibera, opera il termine decadenziale dell’art. 1137 c.c.. Invero, con la sentenza 9839 del 13 aprile 2021, le Sezioni Unite della Cassazione hanno distinto ancora più nettamente le delibere nulle e annullabili di quanto previsto dalla sentenza 4865 delle sezioni Unite del 2005 che qualificava nulle le delibere: prive degli elementi essenziali; con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume); con oggetto che non rientra nelle competenze dell’assemblea; che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condòmini. Erano invece ritenute annullabili le delibere: con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea; adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale; affette da vizi formali, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea; genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione; che violano le norme richiedenti maggioranze qualificate in ragione dell’oggetto. Le Sezioni Unite sono quindi intervenute ulteriormente precisando i casi tipici della nullità, che diventando residuali «nel rispetto alla generale categoria della annullabilità, attenendo essa a quei vizi talmente radicali da privare la deliberazione di cittadinanza nel mondo giuridico». In particolare, sono individuati tre: 1) «mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali» (volontà della maggioranza; oggetto; causa; forma) tale da determinare la deficienza strutturale della deliberazione; 2) «Impossibilità dell’oggetto, in senso materiale o in senso giuridico», da intendersi riferito alla concreta possibilità di dare attuazione a quanto deliberato ovvero in relazione alle attribuzioni dell’assemblea (come nel caso di una deliberazione che incide sulla modifica di una proprietà privata); 3) «Illiceità» (articolo 1343 Codice civile), nel senso che quanto deciso risulta contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume (ad esempio una deliberazione che introduce discriminazioni tra i condòmini nell’uso delle cose comuni). «Al di fuori di tale ipotesi deve ritenersi che ogni violazione di legge determina la mera annullabilità della deliberazione che può essere fatta valere solo nei modi e nei tempi di cui all’articolo 1137 Codice civile», ciò all’evidente fine di favorire la stabilità delle deliberazioni finché non vengano rimosse dal giudice ma entro precisi limiti temporali. È di palmare evidenza che nessun potenziale vizio di nullità ricorre nel caso che ci occupa, operando quindi il termine decadenziale di cui all’art. 1137 comma 2 c.c..

Ritiene questo Giudice che l’eccezione di improcedibilità, formulata da parte convenuta è fondata e deve essere accolta e la domanda attorea debba essere dichiarata improcedibile per violazione dall’ art. 4, comma 2 del d.lgs. 28/2010, secondo il quale “L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa” e deve avere gli stessi elementi (parti, oggetto e ragioni) riproposti in sede processuale (persone, petitum e causa petendi dell’art. 125 c.p.c.) ciò in quanto la mediazione è effettiva solo ove la parte chiamata viene messa in condizione di conoscere tutte le questioni costitutive della pretesa dell’altra parte. L’istanza perciò deve essere completa, così da rendere possibile il raggiungimento di un accordo che risolva la materia del contendere evitando un procedimento giudiziale.

Nella specie, invero, parte attrice ha avanzato istanza di mediazione (cfr. doc. n.5 produzione attorea) dalla quale si evince soltanto l’oggetto della domanda, ossia l’impugnativa della delibera del 17.12.2021 con particolare riguardo ai capi 2 e 3 all’ordine del giorno senza alcuna indicazione dei motivi di tale impugnazione. Ancor più della richiamata sentenza n. 20160 del 29.12.2021 Tribunale di Roma, appare condivisibile l’iter logico-giuridico seguito dallo stesso Tribunale di Roma nella sentenza n. 259/2022. Così si è espresso l’estensore: “Una domanda di mediazione generica sotto il profilo del petitum o, come nel caso di specie, della causa petendi, non può considerarsi validamente espletata e comporta l’improcedibilità della domanda. Orbene, se è vero che per la mediazione ante causam è sempre possibile sanare l’improcedibilità, potendo il giudice demandare un nuovo esperimento della mediazione e, solo in caso di mancato (valido) esperimento di tale nuova mediazione, pronunciare l’improcedibilità della domanda, è anche vero che nel caso di impugnazione di delibera condominiale sussiste un termine di decadenza che viene interrotto (e non sospeso, come ormai chiarito dalla giurisprudenza anche di questo tribunale) dalla “comunicazione” (che può essere fatta sia dall’organismo di mediazione che direttamente dall’istante) della istanza di mediazione alla controparte una sola volta e che inizia a decorrere nuovamente dal deposito del verbale conclusivo della mediazione. Tale effetto interruttivo, però, può essere riconosciuto solo ad una procedura validamente espletata ed in relazione all’istanza comunicata che sia simmetrica alla futura domanda giudiziale, tenuto conto della natura deflattiva dell’istituto della mediazione, volto ad instaurare subito, già dinanzi al mediatore e prima del processo, un effettivo contraddittorio sulle questioni che saranno oggetto del futuro ed eventuale giudizio di merito. Ed è sempre in virtù della fine della procedura che il legislatore ricollega, per una sola volta, alla mediazione l’interruzione delle decadenze. Diversamente, consentire alla parte di avvalersi del beneficio dell’impedimento delle decadenze con la mera presentazione di una “istanza” che non presenti i requisiti sopra indicati, significherebbe svilire l’istituto della mediazione ad un mero adempimento burocratico, in contrasto con la ratio ad esso sotteso, ed incentivare il suo uso meramente dilatorio, a beneficio di una sola parte. Nel caso di specie l’istanza di mediazione versata in atti si presenta del tutto generica, non contiene alcun riferimento alle singole delibere impugnate ed ai vizi ad esse imputati; la domanda giudiziale, invece, contiene l’impugnativa di più deliberati (si tratta, infatti, di più delibere assunte su diversi ordini del giorno della stessa seduta) e l’esposizione, per ciascuna di essi, dei singoli vizi denunciati (contemplando, peraltro, in alcuni casi, anche censure che non si sostanziano, strictu sensu, in vizi di legittimità delle delibere). Mancando la necessaria simmetria tra l’istanza di mediazione e la domanda giudiziale in concreto formulata, la mediazione non può ritenersi validamente svolta e, quindi, non impedita la decadenza dell’impugnazione ex art. 1137 c.c. (per cui sarebbe risultato inutile demandare alle parti una nuova mediazione che mai avrebbe potuto sanare la decadenza nella quale è incorsa la parte attrice).”

Nel caso sottoposto all’esame di questo Giudice non può parlarsi di parziale difformità, di non perfetta coincidenza di petitum e causa petendi ovvero di generica indicazione dei motivi giacché essi oggettivamente non risultano in alcun modo richiamati nell’istanza di mediazione.

Ne consegue che la domanda va dichiarata improcedibile ed inammissibile l’impugnazione per intervenuta decadenza. In conseguenza della pronuncia di improcedibilità, ragion liquida della decisone, resta assorbita ogni ulteriore questione anche di merito. In considerazione della sostanziale novità della questione le spese possono essere compensate ricorrendo una delle condizioni previste dall’art.92 c.p.c.

PQM

P.Q.M.

Il Tribunale di Napoli, IV^ sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulle domande proposte, disattesa ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:

• Dichiara improcedibile la domanda attorea

• Compensa le spese di lite.

Napoli, 4.11.2023

MASSIMA

Tribunale Napoli sez. IV, 07/11/2023, n.10208

La domanda di mediazione si considera non proposta se manca l’indicazione della pretesa e delle sue ragioni fondanti

L’istanza di mediazione deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa e tali elementi devono essere poi riproposti nel medesimo contenuto in sede processuale. Ciò in quanto la mediazione si può dire effettiva solo ove la parte invitata sia messa in condizione di conoscere le avverse pretese e le ragioni ad esse sottese. L’istanza perciò deve essere completa e assolutamente non generica sotto il profilo del “petitum” e della “causa petendi“, posto che in mancanza la mediazione non si può dire validamente espletata e la domanda sarà improcedibile.

Fonte: Banca dati DeJure di Giuffrè Editore.