Per il Tribunale di Lecce (sentenza del 4 febbraio 2020, qui allegata), nelle procedure di mediazione relative a divisione ereditaria, ogni singolo erede costituisce un centro di interesse ed è tenuto al pagamento delle indennità. Infatti, secondo la sentenza qui allegata, “ogni coerede rappresenta per legge un distinto ed autonomo centro di interessi e si pone in “contrasto” con gli altri eredi proprio in virtù del fatto che ciascuno deve (o dovrebbe) avere una quota pari agli altri e nessuno deve (o dovrebbe) venire leso nel proprio diritto. La previsione normativa della obbligatorietà della mediazione in questa materia risulta condivisibile poiché finalizzata a sgravare i Tribunali di una serie di liti che, non solo non si possono definire contenziosi puri, intendendo con questo termine i contenziosi in cui, in linea teorica, vi è una parte soccombente ed una parte vittoriosa, ma che d’altro canto sottendono rivendicazioni di carattere personale (e spesso con profili non prettamente giuridici), che solo in ambito di mediazione si riesce a scardinare, discutere e superare. In virtù del fatto che ogni erede rappresenta un distinto centro di interessi, ogni erede è tenuto a pagare l’indennità all’Organismo, non valendo ad escludere tale obbligo il fatto che dal punto di vista sostanziale gli interessi di due o più parti coincidano. Si è pronunciato in tale senso il Tribunale di Padova con sentenza del 19 ottobre 2017“
Di conseguenza, in un procedimento di appello relativo ad un’opposizione a decreto ingiuntivo, il Tribunale ha rigettato il gravame, confermando la sentenza di primo grado che condannava tutti gli eredi al pagamento delle indennità, e condannandoli anche al pagamento delle spese legali di entrambi i gradi di giudizio
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di LECCE
Seconda Sezione CIVILE
Il Tribunale di Lecce – Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, in persona del dott. Italo Mirko De Pasquale ha pronunciato, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., la seguente
SENTENZA
nella causa in secondo grado iscritta al n.—- del R.G.C.2018, avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n.3470/18 depositata in data 30.08.2018 dal Giudice di Pace di Lecce, discussa all’udienza del 04.02.2020, promossa da: C.R., rappresentata e difesa dall’Avvocato____ – Appellante
CONTRO
O.d.M. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. G. B.; – appellata
FATTO e DIRITTO
Con atto di citazione ritualmente notificato, depositato in data 03.05.2019 _ aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n.2369/2017 D.I, emesso dal Giudice di Pace di Lecce in data 27.ll.2017, con il quale le era stato intimato il pagamento, entro 40 giomi dalla notifica del decreto, in favore della __ della somma di euro 1.148,00, oltre interessi di mora e spese legali della fase monitoria, richiedendo di “accertare e dichiarare …. la propria incompetenza territoriale in favore dell’Ufficio del Giudice di pace di Gallipoli competente ai sensi e per l’effetto dell’artt. 1182 c.c. e 38 c.p.c., comma 4, sia dell’art. 18 c.p.c.; in via subordinata accertare e dichiarare per le causali espresse al capo 2) del presente atto, la inammissibilità e/o nullità del ricorso per decreto ingiuntivo, per carenza dei requisiti di cui all’art. 633 e segg. c.p.c.; per l’effetto condannare la società opposta al pagamento delle spese e dei compensi di giudizio, con distrazione delle stesse in favore del sottoscritto procuratore antistatario; nel merito:in via ulteriormente gradata, accertare e dichiarare per le causali espresse al punto 3) della narrativa, l’erronea ed arbitraria applicazione delle tariffe e per l’effetto annullare, per lo meno parzialmente, il D.I. opposto; per l’effetto disporre la compensazione delle spese di giudizio, stante la sproporzione tra il chiesto e il pronunciato” [il corsivo è tratto testualmente dalle conclusioni rassegnate in citazione]. —— costituitosi, aveva contestato tutto quanto ex adverso dedotto e aveva concluso per il rigetto della spiegata opposizione con conferma del decreto ingiuntivo opposto. All’esito dell’istruttoria, il giudice di pace, con la sentenza impugnata, aveva rigettato l’opposizione e confermato il decreto ingiuntivo impugnato, con condanna della parte opponente al pagamento delle spese di lite. Avverso detta sentenza ha proposto appello al cui accoglimento si è opposta la—–. La causa, istruita mediante acquisizione del fascicolo di prime cure, all’udienza del 04.02.2020 è stata decisa con sentenza resa all’esito della discussione orale ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c * I motivi di gravame, che possono essere esaminati unitariamente data la loro intima connessione giuridica, sono infondati per quanto si dirà. Per indennità si intende “l’importo posto a carico degli utenti per la fruizione del servizio di mediazione fornito dagli organisni” (D.M.n.80/2010 art. l). Tale importo comprende le spese di avvio del procedimento e le spese di mediazione. Al fine di individuare i soggetti tenuti a versare l’indennità quando la mediazione verte su una divisione ereditaria, è importante considerare ogni partecipante come centro di interessi a se stanti. Il giudizio di divisione ereditaria è disciplinato dagli art.713 e ss c.c. In estrema sintesi trattasi di giudizio avente lo scopo valutare la “massa ereditaria” da suddividere tra gli eredi (o dividenti) per poi andare a formare le singole quote ereditarie. Pur trattandosi di un giudizio di cognizione piena, il ruolo del Giudice è quello di aiutare i condividenti a trovare una equa ripartizione in modo che ogni erede (o condividente) abbia una quota analoga agli altri. Ogni coerede rappresenta per legge un distinto ed autonomo centro di interessi e si pone in “contrasto” con gli altri eredi proprio in virtù del fatto che ciascuno deve (o dovrebbe) avere una quota pari agli altri e nessuno deve (o dovrebbe) venire leso nel proprio diritto. La previsione normativa della obbligatorietà della mediazione in questa materia risulta condivisibile poiché finalizzata a sgravare i Tribunali di una serie di liti che, non solo non si possono definire contenziosi puri, intendendo con questo termine i contenziosi in cui, in linea teorica, vi è una parte soccombente ed una parte vittoriosa, ma che d’altro canto sottendono rivendicazioni di carattere personale (e spesso con profili non prettamente giuridici), che solo in ambito di mediazione si riesce a scardinare, discutere e superare. In virtù del fatto che ogni erede rappresenta un distinto centro di interessi, ogni erede è tenuto a pagare l’indennità all’Organismo, non valendo ad escludere tale obbligo il fatto che dal punto di vista sostanziale gli interessi di due o più parti coincidano. Si è pronunciato in tale senso il Tribunale di Padova con sentenza del l9 ottobre 2017. Ogni partecipante alla mediazione, quindi, è tenuto a pagare l’indennità in quanto a nulla rileva, al fine di ottenere una esenzione dal pagamento, che alcuni degli interessi delle parti siano coincidenti. L’assunto più parti, interessi astrattamente coincidenti, unica indennità, non è nel caso di specie applicabile. Ciascun erede, si ribadisce, è titolare di interessi autonomi ed è tenuto al pagamento dell’indennità. Ciò, a maggior ragione, quando la non coincidenza degli interessi sia chiaramente desumibile dai verbali redatti durante il procedimento di mediazione. L’appello va dunque rigettato e la sentenza impugnata confermata Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in base alla
nuova disciplina dei compensi professionali.
Tenuto conto dell’avvenuta adozione del D.M. 8 marzo 2018, n. 37 “Regolamento recante modifiche al decreto 10 marzo 2014, n. 55, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 3l dicembre 2012, n. 247″, applicabile anche al presente giudizio, stante il disposto dell’articolo 6 “le disposizioni di cui al presente
decreto si applicano alle liquidazioni successive alla sua e entrata in vigore” il relativo importo, considerati i criteri ivi indicati, l’importanza, la natura, la difficoltà e il valore della causa, nonché il numero e la complessità delle questioni giuridiche trattate, viene fissato considerato gli importi minimi:
- fase di studio della controversia, 203,00;
- fase introduttiva del giudizio, € 203,00;
- fase decisoria. € 405.00.
Visto l’art. 13, comma l-quater D.P.R. n. 115 del 2002, ai sensi del quale: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, e’ respinta integralmente o e,dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta e’ tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma l-bis. Il giudíce dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e I’obbligo dí pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”, il giudicante, stante il rigetto integrale dell’appello, dà atto dell’obbligo dell’appellante di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la presente
impugnazione a norma dell’art. 13, comma l-bis del D.P.R. suddetto.
P.Q.M. - II Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, così provvede:
- rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata;
- condanna—– a rifondere a favore della—– le spese del presente grado di giudizio che quantifica euro
811,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario e accessori di legge; - dà atto dell’obbligo dell’appellante di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dov[to per la presente impugnazione a norma dell’art. 13, comma l-bis del D.p.R. n.115/2002.
Così deciso in Lecce in data 4 febbraio 2020.
Il Giudice Dott. Italo Mirko De Pasquale