Mediazione. Nell’opposizione a decreto ingiuntivo l’onere di attivarsi spetta alla parte che viene opposta


L’onere di attivarsi spetta alla parte che viene opposta

(di Marco Marinaro)

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, una volta assunti i provvedimenti interinali sulla provvisoria esecuzione, l’onere di attivare la mediazione – se la controversia è tra quelle con condizione di procedibilità ex lege – è della parte opposta. E’ l’opposto che ha deciso di portare in giudizio il conflitto per tutelare un suo diritto e la specialità del procedimento ingiuntivo che giustifica la peculiare disciplina del giudizio di opposizione rispetto alla condizione di procedibilità non consente di discostarsi dallo schema generale: <<Chi intende agire in giudizio è onerato dell’avvio della mediazione, dunque è l’opposto che è attore, portatore del diritto o dell’interesse che ritiene compresso>>. Sono le conclusioni dell’interessante e articolata ordinanza depositata ieri dal Tribunale di Firenze (estensore Breggia, causa 15248/2015), che segue un percorso interpretativo destinato ad aprire una “terza via” nel delicato dibattito in dottrina e giurisprudenza su una questione teorica che conduce a contrapposte soluzioni processuali. L’ordinanza dà puntualmente conto del noto contrasto tra i giudici di merito che, seguendo diversi iter interpretativi, hanno ritenuto che l’onere di avviare la mediazione gravasse sulla parte opposta (con improcedibilità anche per il decreto ingiuntivo) o sull’opponente (dichiarando improcedibile solo l’opposizione e rendendo definitivo il provvedimento monitorio). Si richiamano anche la sentenza della Cassazione (n. 24629 del 3 dicembre 2015) che è giunta ad affermare che di tale onere sia gravata la parte opponente ed anche la più recente pronuncia di merito proprio del Tribunale di Firenze (ordinanza 17 gennaio 2016; estensore Guida) che, traendo spunto da taluni dubbi interpretativi emersi dalla motivazione della Corte, si è posta in aperto dissenso. Dissente anche la pronuncia di ieri: ritiene che la Cassazione si sia fondata su un presupposto non corretto (<<applicazione della condizione di procedibilità per la proposizione della opposizione al decreto ingiuntivo anzichè nel momento successivo alla proposizione…..>>) e sposta l’attenzione dal processo alla mediazione. Peraltro, la prospettiva “deflattiva” invocata dalla Cassazione è <<fuorviante>> poichè l’effetto deflativo è una conseguenza indiretta e non la causa della mediazione. La ratio dell’improcedibilità posta dal legislatore – anche in relazione all’articolo 2 della Costituzione e non solo quale limite all’articolo 24 – è di dare vantaggi alle parti e non inutilmente ostacolarle nell’accesso alla giustizia. Lo scopo quindi è richiamare l’attenzione della parte che intenda adire il giudice su <<se non vi sia in realtà un metodo più adeguato a soddisfare i propri interessi rispetto alla definizione eteronoma del conflitto>>, una soluzione <<più mirata, flessibile e, ove possibile, rigenerativa di rapporti in una fase stragiudiziale>>. Così, le pronunce che dichiarano improcedibilità possono ritenersi <<una vera e propria sconfitta dell’ordinamento>>.                                                               L’ordinanza  pone un altro capo saldo interpretativo sulla mediazione: la condizione di procedibilità viene sganciata dall’interesse dell’opponente a coltivare il giudizio di opposizione in quanto la funzione della stessa – solo posticipata per la specialità del procedimento monitorio – postula che l’oneri gravi sempre su chi intenda agire in giudizio per far valere una pretesa. Sarà interessante seguire gli sviluppi della querelle giurisprudenziale anche in Cassazione.

Articolo originario tratto da Il Sole 24 Ore di Martedì 16 Febbraio 2016 – N. 46 – (autore Marco Marinaro)